Le cerimonie in cui si accendono fuochi quando l'inverno si avvicina e la luce soccombe sempre più alle tenebre sono diffuse nelle civiltà contadine in tutta Europa.
I riti del fuoco forse avevano la funzione, all'approssimarsi dell'equinozio d'inverno, di superare il timore atavico che la luce del sole venisse a mancare e, al contempo, propiziarne il ritorno.
L'Abruzzo conserva ancora alcuni riti agro-pastorali imperniati sul fuoco invernale come le Glorie di San Martino a Scanno.
Appollaiato su uno sperone in cima alla alta valle del Sagittario, Scanno ha conservato peculiari costumi e usanze antiche più che altrove, grazie all'isolamento dovuto alla natura aspra e selvaggia. Qui gli inverni sono durissimi e le giornate sono corte e nebbiose già in autunno. Ma prima di sprofondare nel lungo letargo invernale, il 10 di Novembre il borgo interrompe la monotonia e le vie si animano per preparare una festa unica: San Martino.
Martino è il cavaliere che in una giornata di novembre, fredda e piovosa, offre metà del suo mantello a un vecchio mendicante vestito di pochi stracci. Appena Martino, ormai infreddolito anche lui, si allontana il sole squarcia le nubi a riscaldare la terra. É questa la fugace estate di San Martino che per pochi giorni rischiara il freddo e buio inverno ormai alle porte.
Da giorni i giovani hanno accumulato fascine, legna e tutto ciò che possa ardere, la vigilia del giorno di San Martino le accatastano per costruire con maestria altissime torri: le Glorie, alte fino a venti metri.
I luoghi della festa sono le tre alture che circondano il paese: Cardella, la Plaia e Decontra. Quest'ultima è il luogo dove ha avuto origine la festa, qui è presente la grotta di San Martino dove, narra la leggenda, il santo si sarebbe rifugiato.
Scanno è percorso da una animazione festosa, grida e richiami percorrono le strade e vicoli. I tre gruppi in cui sono divisi i rioni iniziano la costruzione delle Glorie in una atmosfera gioiosa. Fra rumori di martelli, seghe, richiami, ordini, i fiaschi di vino novello passano di mano in mano mentre la carne sfrigola sulla brace di cucine improvvisate. Durante le abbondanti libagioni la Gloria si staglia audacemente sempre più in alto in un panorama mozzafiato su uno dei più bei borghi d'Italia.
Anche i più piccoli costruiscono la loro Gloria che verrà bruciata prima della grande, con i carboni ancora caldi si tingono i volti intonando canti e con campanacci, bidoni, tamburi producono più frastuono possibile.
La sensazione è che si stia assistendo ad antichi riti agrari per allontanare le forze oscure e sotterranee che mettono in pericolo le sementi appena messe a dimora.
L'accensione delle Glorie richiede un certo coraggio e viene affidata a un ragazzo come in un rito di passaggio: col lancio di una lunga pertica recante la miccia incendia gli inneschi disposti lungo la Gloria che deve ardere interamente in una esplosione di luce e fiamme. I tre falò risplendono nella notte intorno a Scanno a purificare e rendere feconda la terra.
Da anni le tre contrade sono in competizione e in qualche modo viene assegnata una vittoria con criteri non molto chiari, forse l'altezza della Gloria o la durata del fuoco, oppure da come le fiamme si sviluppano.
Quando i roghi sono consumati e spenti la festa continua nel paese dove, in corteo, viene portato alla sposa novella del rione il tizzone del tronco centrale, il Palancone, intorno a cui si costruisce la Gloria; lei ricambierà con vino e cibi preparati per l'occasione.
Una chiassosa celebrazione che nasconde malamente le origini pagane, molto sentita e partecipata a Scanno. Vale la pena partecipare, se non altro per assaggiare la squisita ospitalità che solo gente di montagna sa dare.
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