Su di un promontorio in riva al mare, come poggiata su di un piedistallo, si erge il centro storico della città di Ortona. Città abruzzese in provincia di Chieti, Ortona, con desinenza a Mare per distinguerla dalla omonima Ortona dei Marsi, se ne sta come una dama sulla sommità di questo rilievo, protendendosi verso il mare a dominare il porto sottostante.
Ortona nacque come porto del popolo Frentano che spingeva le bianche vele delle sue imbarcazioni fino alle coste slave per commerciare con quei popoli oltre Adriatico.
Nel III secolo divenne colonia romana e, con lo sviluppo del porto, si elevò a Municipio Romano con il nome di Ortona Augusta.
Il seguito della storia della città vede la distruzione da parte dei Normanni e la sua ricostruzione ad opera degli Svevi. Venne devastata e ricostruita più volte durante le lotte fra gli Angioini e gli Aragonesi e le incursioni saracene. Protagonisti di questo periodo storico, con alterne fortune, furono i capitani di ventura Jacopo Caldora e Braccio da Montone.
Fu Alfonso D’Aragona che nel 1452 fece ricostruire il possente castello come possiamo vederlo oggi abbarbicato in cima ad una rupe a sfidare i venti costanti che soffiano dall'Adriatico con i suoi possenti torrioni.
Dal XVIII secolo la città abruzzese entrò a far parte del regno di Napoli sotto la dinastia borbonica con alterne vicende fino alla Unità d'Italia.
La cattedrale di San Tommaso Apostolo, sorta sulle presunte rovine di un tempio dedicato a Giano, fu distrutta e ricostruita diverse volte nel corso dei secoli, seguendo le vicissitudini della storia di Ortona e dell’Italia tutta.
Nella storia recente subì la furia devastatrice della seconda guerra mondiale, che causò alla città di Ortona oltre 1300 vittime civili e la perdita di tutto il patrimonio edilizio. La cattedrale fu letteralmente sventrata, rimase in piedi a malapena la sagrestia, sia pure con il pavimento ricoperto di macerie.
La cripta della chiesa conserva i resti mortali dell'apostolo Tommaso portati nel 1258 dall'ortonese Leone Acciaiuoli, comandante di tre galee in appoggio alla flotta veneziana contro quella genovese. Di ritorno dalle battaglie del Peloponneso fece scalo nell'isola greca di Chio. Qui, in modo fortuito, venne a sapere della presenza delle sacre reliquie nella chiesa locale. Rassicurato dalla pietra tombale recante l'iscrizione in greco: Osioòs Thomas (qui c’è Tommaso) e, quindi, certo che era alla presenza degli autentici resti progettò il trafugamento.
Le preziose reliquie e la lapide arrivarono al porto di Ortona il 6 settembre 1258 e, tra solenni festeggiamenti, furono traslate nella cripta della cattedrale.
Delle tracce artistiche e storiche del passato di Ortona, purtroppo, rimane ben poco a causa della feroce battaglia che qui si combatté nel dicembre 1943 fra le truppe alleate e quelle naziste durante la seconda guerra mondiale. La città, quasi rasa al suolo dopo sei mesi di bombardamenti ininterrotti, fu definita da Winston Churchill la “Stalingrado d’Italia”.
Nei pressi di Ortona fra la Majella e il mare, ordinato e silenzioso, c'è il cimitero dei 2000 giovani canadesi caduti nella battaglia, ad eterna memoria di questi tragici eventi.
La cattedrale di San Tommaso, gravemente danneggiata dai bombardamenti è stata ricostruita in stile barocco per quanto riguarda l'interno e con un aspetto pseudo-neoclassico all'esterno. Sulla facciata è stato inserito il bel portale tipico dell'architettura normanno-svevo, ricostruito con reperti recuperati dalle macerie.
In ampie sale attigue alla cattedrale, scampate alle bombe, c'è il Museo Diocesano. Tra i più interessanti musei di arte sacra della regione, conserva importanti e antiche testimonianze della storia della chiesa ortonese come dipinti, sculture, oreficerie, arredi sacri.
Ortona è una cittadina dove è piacevole viverci: il suo clima mite e gradevole per buona parte dell’anno ne fa una delle mete preferite dai vacanzieri non solo estivi.
La costa di Ortona ha un alto valore naturalistico ed è inserita in quella che viene definita la “costa dei Trabocchi”.
I trabocchi sono delle macchine fisse da pesca sparpagliate lungo tutto il litorale sud dell’Abruzzo. Il lungomare si estende per 20km e mentre nella parte nord è una distesa lunga e sabbiosa di dune nella parte sud il paesaggio cambia totalmente trasformandosi in un inseguimento continuo di calle, golfi, insenature e promontori immersi in una rigogliosa vegetazione mediterranea fino ad incontrare l'area protetta di Punta Aderci. Lo stesso Gabriele D’Annunzio nel libro “Il Trionfo della Morte” definisce questa costa come: “ Quella catena di promontori e golfi lunati dava l’immagine di proseguimento di offerte, poiché ciascun seno recava tesoro cereale”.
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