“'Mocca a tì, 'mocca a mì, 'mocca allu can' de la Barì” (in bocca a te, in bocca a me, in bocca al cane della Badia), con questa filastrocca le mamme imboccavano i bimbi pigri nel mangiare. Le ricordo col piatto di minestra in mano sedute sui gradini all'ingresso di casa nel vicolo, estensione del soggiorno.
Il cane della Badia era l'Abate della Badia celestiniana a cui Pratola era sottomessa in un rapporto di baronia sin dal 1294 quando Carlo II D'Angiò donò a Pietro da Morrone, all'indomani della incoronazione a Papa Celestino V, il territorio del Castrum Pratulae con tutte le pertinenze e chiese. Per questo la storia di Pratola, che ricevette l'appellativo di “Peligna” con regio decreto nel 1863, è profondamente legata a quella dei Celestini, fino al 1807 quando Napoleone soppresse il feudalesimo e la maggior parte degli ordini religiosi.
Pratola Peligna sorge su una altura delimitata dal fiume Sagittario a est e dal torrente Rio a ovest, al centro della Valle Peligna nella provincia de L'Aquila.
Culmine dell'abitato è il monumento più importante: il Santuario della Madonna della Libera. La maestosa chiesa ha origine da una cappella cinquecentesca eretta dai Pratolani intorno ad un affresco raffigurante una Madonna che li aveva liberati da una terribile peste. Il Santuario, nelle imponenti dimensioni di come lo vediamo oggi, fu realizzato nella metà del XIX secolo per contenere le migliaia di pellegrini che vi si recavano attratti dai miracoli che la Madonna elargiva.
Nella chiesa oltre all'affresco miracoloso è custodita la statua processionale che fu realizzata dai Padri Celestini della Badia Sulmonese, questa regale rappresentazione mariana, vestita di un manto porpora e azzurro e ricamato con fili d'oro, viene portata in processione per le strade del paese ricoperta di gioielli e oggetti d'oro offerti in ringraziamento di miracoli.
La Madonna della Libera viene festeggiata nella prima settimana di Maggio con grande afflusso di pellegrini, fra questi si distinguono i devoti della Compagnia di Gioia che da tempo immemore compiono il pellegrinaggio percorrendo a piedi il percorso dalla lontana Gioia dei Marsi.
Pratola, forse a causa della sottomissione all'Abate della Badia Morronese, non ha importanti resti medioevali se non nelle architetture spontanee che affiorano nei vicoli più antichi. Da visitare il centro storico detto “dentro la Terra”, che alcuni fanno risalire ad un centro fortificato. Qui si trovano le chiese di San Pietro Celestino e della SS Trinità e il palazzo De Petris, per accedervi si oltrepassa l'Arco D'Angiò che presenta in alto il simbolo dei Celestini: una croce con attorcigliato un serpente.
Di notevole interesse sono le due cappelle attigue del XVI secolo (Monumento Nazionale): Madonna della Pietà con affreschi di scuola umbra.; Madonna delle Grazie (detta anche delle Sette Marie) con un Compianto in terracotta di scuola napoletana
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