La tradizione locale racconta che sul promontorio di Venere, il quale si affaccia isolato sull'Adriatico fra i fiumi Sangro e Olivello, sorgeva un grande tempio dedicato a Venere Conciliatrice, la dea deputata alla conservazione della pace domestica. Il Santuario fu frequentato assiduamente dai Frentani che vivevano in questa parte dell'Abruzzo, in particolar modo dalle coppie in procinto di sposarsi.
La sua importanza è testimoniata dai numerosi toponimi ancora in uso nella zona di Fossacesia e dintorni: Golfo di Venere, porto di Venere alla foce del fiume Sangro, Fonte di Venere. All'avvento del Cristianesimo il tempio era già ridotto in rovine e della sua esistenza rimase solo il ricordo nelle leggende.
A dare nuova vita al sito fu un piccolo gruppo di monaci che nel 540 giunse da queste parti e riutilizzarono i resti del tempio per costruire una piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista e alla Vergine Maria.
Nel secolo successivo il piccolo cenobio venne organizzato come “cella” da monaci benedettini giunti da Montecassino. Guidati da Martino crearono le basi per la nascita di un nuovo e ricco monastero.
Nei quattro secoli successivi la comunità di frati conosce una costante crescita economica, politica e culturale culminata nel 973 quando, terrorizzati dall'imminente fine del mondo ipotizzata nell'anno 1000, i conti Trasmondi, di origine Longobarda, donarono al monastero castelli, terreni, diritti di pedaggio e rendite con la speranza di veder rimessi tutti i peccati.
Ormai indipendente da Montecassino nel 1004, il complesso monastico si dotò di una scuola, fondò una ricca biblioteca e una scuola per arti e mestieri. Fra il XII e XIII secolo l'abazia raggiunse il massimo della potenza politica, in questo periodo l'Abate di San Giovanni in Venere fu uno dei più potenti feudatari del regno di Sicilia con possedimenti sparsi da Ravenna fino a Benevento; egli, ormai, aveva raggiunto la dignità vescovile. L'abazia raggiunse le odierne dimensioni con l'abate Oderisio II e fu arricchita con affreschi e sculture.
La costruzione ricalca il metodo cistercense mentre l'impianto planimetrico rettangolare, con la mancanza di transetto, deriva dalla abazia di Montecassino. Poderosi pilastri, come si conviene in una zona dalla elevata sismicità, collegati da archi ogivali, formano le tre navate che culminano con altrettanti absidi. Il presbiterio è in alto, in posizione dominante rispetto al piano della chiesa, per fare spazio alla sottostante cripta, una delle più grandi d'Abruzzo. L'ambiente è diviso in 10 arcate formate da due lunghe navate trasversali e cinque longitudinali delle quali tre si concludono con altrettanti absidi. Le colonne, forse provenienti dai ruderi dell'antico tempio di Venere, e i capitelli sono materiali di reimpiego, come a costituire una continuità sacrale fra l'antico e il nuovo. Addossato alla parete di sinistra è presente un manufatto ritenuto la tomba o il reliquario del conte benefattore Trasmondo. Molto interessanti sono gli affreschi e le decorazioni, recentemente restaurati, che ornano la cripta realizzati in epoche diverse tra il XII e il XIII secolo.
Del grande monastero, che durante l'epoca di massimo splendore arrivò a ospitare ottanta monaci, rimane ben poco. Più volte distrutto da eventi naturali, e non solo, è stato ricostruito solo in piccola parte.
A completamento dell'abazia c'è il chiostro con il rigoglioso giardino mediterraneo che i monaci attuali, i Passionisti, hanno mirabilmente risistemato.
Durante gli anni dell'abbandono il chiostro fu quasi interamente distrutto; tra il 1932 ed il 1936 fu ricostruito utilizzando le poche trifore che si erano conservate come esemplare per la realizzazione delle altre. Ulteriori rifacimenti vi furono nel 1948, in conseguenza dei danni subiti durante i bombardamenti dell'ultima guerra.
Nella austera facciata principale spicca, in contrasto con gli scuri conci, il portale detto della Luna con lunetta e due grandi pannelli di marmo chiaro con scolpito episodi della vita di Giovanni Battista. È questo il primo esempio di narrazione tramite scultura apparso in Abruzzo.
Di grande interesse è il prospetto posteriore con le altissime absidi rivolto a sud-est. Eleganti e ricche le monofore a tutto sesto dell'abside centrale che danno luce alla cripta e all'altare; le decorazioni sono di gusto arabo-siciliano forse realizzate quando Federico II e i Normanni furono padroni della regione. Tutta la storia dell'abazia di San Giovanni in Venere si può leggere nella notevole disomogeneità dei conci che compongono le pareti dovuta alla presenza di differenti paramenti murari attribuibili ad altrettante fasi costruttive e di restauro.
Eventi sismici, Bizantini, Normanni, pirati saraceni e, persino, crociati di ritorno dalla Terra Santa costrinsero i monaci a ricostruzioni che si protrassero per secoli.
Oggi l'Abazia è visitata da una moltitudine di turisti incantati dalla sua maestosità e, contemporaneamente, godere della splendida vista sul Golfo di Venere e la Costa dei Trabocchi.
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